Pensaci Giacomino

Un testo di condanna di una società becera e ciarliera

09

Aprile
Produzioni Enfi Teatro
Teatro Stabile di Catania
Pensaci Giacomino nasce in veste di novella nel 1915 per poi avere la sua prima edizione teatrale, in lingua, nel 1917. Tutti i ragionamenti, i luoghi comuni, gli assiomi pirandelliani sono presenti in questa opera. Un testo di condanna, condanna di una società becera e ciarliera, dove il gioco della calunnia, del dissacro
e del bigottismo è sempre pronto ad esibirsi. La storia racconta di una fanciulla che rimasta incinta del suo giovane fidanzato non sa come poter portare avanti questa gravidanza, il professore Toti pensa di poterla aiutare chiedendola in moglie e potendola poi così autorizzare a vivere della sua pensione il giorno che lui non ci sarà più. Naturalmente la società civile si rivolterà contro questa decisione anche a discapito della piccola creatura che nel frattempo è venuta al mondo. Finale pirandelliano pieno di amara speranza, dove il giovane Giacomino prenderà coscienza del suo essere, del suo essere uomo, del suo essere padre e andrà via da quella casa che lo tiene prigioniero, per vivere la sua vita con il figlio e con la giovane madre. Da qui si
desume quanto tutto questo possa svolgere il pensiero pirandelliano nei confronti di una società che allora era misogina, opportunista e becera. Racconta di uno Stato patrigno nei confronti dei propri cittadini soprattutto nei confronti della casta degli insegnanti, sottopagati e bistrattati. Grande, bella qualità del premio Nobel di Agrigento nel prevedere il futuro e come raccontava Giovan Battista Vico corsi e ricorsi storici: cioè
nulla cambia nulla si trasforma; ma ancora oggi si veste dei soliti cenci, unti e bisunti. Una società quindi letta con la mostruosità di giganti opprimenti, presenti, determinanti e dequalificanti

A tanta libertà di pensiero e di costume si oppone la rigida e stereotipata mentalità dominante. rappresentata da un eminente esponente del clero locale, monsignor Landolina, impersonato magistralmente da Sergio Mascherpa, che riesce a conferire al personaggio una più che palpabile dose di ipocrisia prelatizia, fatta di frasi ridondanti e di una mimica straordinariamente efficace, che vuol significare senza il dire.

Carmelo Toscano / Vivicentro.it

L’infaticabile Leo Gullotta da vita ad un professor Toti non vecchio e decrepito ma rivisitato in senso quasi “giovanilistico”

Carmelo Toscano / Vivicentro.it